
The Months
L’ambiente in cui si abita e lavora permea attraverso la pelle e gli organi ricettori, stimola in modo tangibile tutti i sensi e condiziona decisamente la vita e quindi anche l’attività artistica di chiunque. In altri termini ritengo non possa esistere un’arte contemporanea “globale” ma tanti microclimi che favoriscono linguaggi profondamente diversi tra loro e non decontestualizzabili. Come unica eccezione credo si possano considerare simili, ma solo sotto certi aspetti, artisti che vivano in ambienti naturali simili. In particolare, visto che l’arte contemporanea si gioca quasi esclusivamente dove c’è mercato ed una economia forte, sono paragonabili artisti che vengano dalle metropoli perché le caratteristiche architettoniche, le dinamiche sociali ed urbane possono essere spesso comparabili anche se le città sono situate in punti opposti del globo.
Per quanto mi riguardi, insieme ai luoghi dove ho vissuto fino ad ora, considero il bosco parte del mio patrimonio genetico ed artistico.
Infatti mi sono trovato a dedicare gran parte del 2017 ad un progetto risalente al 1998. Il ciclo de “I Mesi”, uno dei motivi trainanti di questo catalogo, racconta il dialogo con un maestoso e centenario cedro, che collega chi guarda la tela, e chi la dipinge, al cielo. Ho realizzato i lavori in circa un anno, visitando continuamente il Parco Asburgico di Levico Terme dove vivo e raccontandolo in studio, sulla tela. Non c’è un legame stretto ai mesi ed alle stagioni ma una sequenza pittorica di momenti vissuti ai piedi del grande albero.
Questa sequenza è concepita per costituire un bosco che si evolve nel tempo, uno scenario che coinvolge e circonda interamente lo spettatore, lo spinge a guardare in alto e prova ad accompagnarlo verso il cielo. Alla base del lavoro c’è il concetto che la Natura sia un dono in ogni suo angolo, in ogni sua manifestazione. Raccontando le centinaia di colori che un organismo vitale come il bosco offre durante un anno, vorrei dipingere la ricchezza straordinaria che ci abbraccia quotidianamente, mettere su tela la musica che ci pervade mentre respiriamo in ambienti naturali.
Solitamente prediligo il punto di vista dall’alto nel dipingere, piazze, luoghi urbani e persone (i lavori di cui parlo non sono presenti in questo volume). La visione aerea mi permette di allontanarmi e osservare meglio, non i dettagli certamente, ma le dinamiche complessive. Dal mio vascello in volo riesco a cogliere più serenamente la realtà, a raccontare l’umanità in modo distaccato, con la consapevolezza che la specie Homo Sapiens e la sua breve storia di qualche centinaia di migliaia di anni è un frammento infinitesimale, quasi trascurabile, rispetto alla lunga e turbolenta vita della Terra.
Il cambiamento di prospettiva scelto, cioè il punto di vista da sotto, per la lettura di questo albero in evoluzione, è essenziale per mettere me stesso, e chi guarda i lavori, a confronto diretto con la Natura. L’albero, dominante, quasi irraggiungibile, ci ricorda che su questa terra siamo tutti parte di una grande famiglia, ma ci ricorda anche che l’umanità che si crede onnipotente in realtà è debole se non vive in sintonia con l’ambiente e il globo che la ospita.
Percepisco in generale gli alberi come i capelli del mondo, come il collegamento diretto e privilegiato tra terra e cielo e, metaforicamente, tra materia e spirito, tra mente e pensiero, tra noto e ignoto (anche se l’universo nel quale viviamo non è per nulla noto per la stessa fisica contemporanea, e offre solo la certezza che c’è molto di più della banale materia tridimensionale). Pure noi, come gli alberi siamo delle antenne, dei collegamenti diretti tra terra e cielo: il nostro fisico accoglie, processa, combina, come succede per le piante, elementi primari, carbonio, ossigeno, idrogeno ed energia solare. Solo in sintonia, in “vibrazione” con questi due mondi siamo vitali e i nostri pensieri possono davvero volare.
La terra ha già affrontato almeno quattro estinzioni di massa dalla sua nascita. Credo fermamente la storia dell’uomo sia anch’essa ciclica. Alcune delle architetture millenarie del passato ancora visibili e sparse per il globo, straordinarie sia per dimensione che per tecniche d’ingegneria usate (e in gran parte a noi ignote) e reperti museali di tutto il mondo, non catalogabili in modo accademico, credo lascino più che aperta questa ipotesi di ciclicità. Il nostro passato è palesemente ricco di civiltà molto evolute, alcune ragionevolmente più della nostra attuale, e probabilmente scomparse nel corso della storia per eventi naturali planetari straordinari quali meteoriti, glaciazioni, eruzioni vulcaniche, diluvi, inversione dei poli magnetici, slittamenti della crosta terrestre. Questo lo confermano a gran voce archeo-astronomia e geo-biologia da diversi decenni, e lo suggeriscono testi antichi e mitologie di tutto il mondo.
Ma ora credo la razza umana stia provocando da sola un disequilibrio enorme nella vita del globo. Il coro di alberi che compone l’intero ciclo è qui anche per dirci che senza il rispetto per loro, metafora della Natura, e senza il rispetto per la vita tutta, l’umanità si incammina verso la quinta estinzione di massa. A quel punto l’unica rotta possibile per i nostri figli sarà di costruire un’arca volante gigantesca, alla stregua del sumero Ziusudra (da cui deriva la figura del Noè biblico) e puntare verso lo spazio aperto, verso un mondo lontano, tra i tanti che brulicano di vita, e chiedere ospitalità ad una razza più intelligente e spiritualmente più evoluta della nostra.
Siamo ancora in tempo, ma immagino quest’ultimo stia per scadere, e non basta essere positivi, bisogna essere determinati fino al midollo. Il libro è un augurio affinché l’uomo e tutti gli esseri viventi di questo bellissimo pianeta trovino finalmente un equilibrio felice.
Per toccare il cielo dobbiamo amare la terra.
Signs
Painting for me is like keeping a diary. A constant retelling of my life, things that appeal to me, that capture my imagination as I fly above the world in my vessel, I paint the things I love, as though I were writing my autobiography. Painting allows me to pursue dreams, to give life to the people and places I would like to touch, interact with. It is a simple and primary need for expression; a need to tell, to tell about myself.
I started painting as a child, and I am still a child in this respect. At the time, painting was, thanks to its technical simplicity, a good way of bringing to life solitary afternoons and long summers in the mountains. I still consider it the ideal form of expression for someone like me, because it takes shape in the here and now, emerging directly from within me, coming straight from the gut without any technical mediation which might filter or even condition the creative process. Moreover, the material support required is humble, but lasting.
I belive that “beauty” of painting lies in its power of communication, and I see a close connection between paintings and the universal nature of the message. This is why, when I stand before a completed work that I consider emotionally positive, it gives me the feeling of déjà vu. For the observer, the painting space is a point of view, a window onto the world lying behind things and people. For me, the painter, it is a place in my mind; in fact it is my mind, my sky.
The graphic is the basis of all my work, drawing as the source of the gesture, cognitive strategy, tool for checking contours and colours, design for ordering parts, eyes that proceed by conjunctions and disjunctions, artifice to see, return the unique sensation and ensure the possession of phenomena, to extract from unknown depths of the soul visible. The design is between intuition and form, is the metaphorical analogy of thought.
For this second part of the book I have selected, collected and put into communication drawings, works exclusively on paper, graphic notes, compositional ideas on different themes, points of view and shapes that I am slowly maturing over time.